Le Scalinate dell'Arte
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PREMESSA

Il nostro obiettivo è quello di condurre il visitatore alla scoperta delle diverse espressioni dell’arte contemporanea Messinese. Infatti, questo portale web permette al visitatore di accedere ad informazioni, immagini video ed audio, riguardanti l’offerta turistico-culturale sull’arte contemporanea della città. Inoltre, esso ambisce a divenire un incubatore d'arte contemporanea, per mezzo del quale sarà possibile associare ad ogni luogo, identificato da un grande valore nel campo storico, artistico e culturale, una particolare enfasi, rendendolo unico e carico di pathos. Cosa aspetti? Buona navigazione alla scoperta dell' arte contemporanea Messinese!


CONTENUTI IN EVIDENZA

Lo storico Diodoro Siculo narra che il gigante Orione sia stato il costruttore della città di Messina e del tempio che, a Capo Peloro, egli aveva egli aveva dedicato al a Nettuno, il dio dei mari. Riprendendo l’iconografia del Montorsoli per il personaggio di Orione nella fontana di Piazza Duomo, Vanfiori immortala il mitologico personaggio in un ironico giro in giostra in compagna del fedele cane Sirio e di un bambino obeso, grottesca metafora della condizione umana nella nostra epoca. Da notare la toccante dedica di Vanfiori al “popolo di Provinciale”.

Realizzata nel 1573 dallo scultore carrarese Andrea Calamech, la scultura commemora Giovanni D’Austria, figlio naturale di Carlo V, e vincitore della battaglia di Lepanto (1571). Il condottiero è rappresentato in giovane età, all’epoca poco più che ventenne, indossa l’armatura spagnola, nella mano destra regge il bastone del comando, mentre con il piede sinistro calpesta il capo mozzato di Alì Bassà, comandante della flotta turca. Nel basamento marmoreo si trovano quattro tavole di bronzo che ricordano la costituzione della lega contro i Turchi, la data di partenza da Messina, la data della battaglia e il ritorno in città, nonché un bassorilievo con la disposizione delle navi durante la battaglia.

L’edificio IX della Palazzata fu progettato nel 1929 ma dal progetto alla sua realizzazione intercorsero quasi trenta anni a causa della seconda guerra mondiale. Nel frattempo il linguaggio degli stessi progettisti si era evoluto pertanto il nuovo progetto avviato nel 1952 e realizzato nel 1956 denuncia, attraverso il linguaggio utilizzato, la sua minore età rispetto al contiguo edificio dell’INFAIL. Il progetto è di Giuseppe Samonà che nel pensare alla forma da dare alla sua opera, affidò ad una grande varietà di materiali e di lavorazioni il compito di trasmettere un’immagine severa ed al tempo stesso dichiaratamente moderna. 

Il palazzo della Provincia fu progettato dall’ingegnere Alessandro Giunta, che si trovava in città nella sua veste di vice ingegnere capo dell’Ufficio Tecnico della Provincia e pertanto impegnato a sviluppare diversi progetti di importanti edifici pubblici. In questo caso si tratta di uno dei quattro edifici che configurano una delle piazze circolari presenti a Messina ed in particolare la piazza Antonello, che configura il centro direzionale della città essendovi previsti gli edifici destinati ad accogliere altre istituzioni cittadine. La struttura utilizzata dall’ingegnere Giunta per la sede della Provincia fa uso di muratura confinata con il cemento armato per assicurare la sicurezza statica dell’edificio che, conformemente all’architettura del periodo, viene “vestita” con un intonaco realizzato ad imitazione della Pietra e decorata con stucchi cementizi che la integrano con l’architettura limitrofa. La lavorazione superficiale degli intonaci così ottenuti veniva realizzata con attrezzi opportuni che ne definissero le texture volute, così da simulare l’impiego della pietra. Gli elementi decorativi venivano anch’essi realizzati con la tecnica dello stampo di gesso che permetteva di economizzare sui materiali e di velocizzare l’andamento dei lavori ottenendo risultati di grande valenza formale, come è possibile riscontare negli edifici che non sono mai stati restaurati (o nei pochissimi edifici in cui i lavori sono stati diretti secondo un’ottica filologicamente corretta).

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