teatro

Teatro

L'Opera dei Pupi

L’Opera dei Pupi è un particolare tipo di teatro delle marionette che si affermò stabilmente nell’Italia meridionale e soprattutto in Sicilia tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. I pupi siciliani si distinguono dalle altre marionette essenzialmente per la loro meccanica di manovra e per il repertorio, costituito quasi per intero da narrazioni cavalleresche. Le marionette del Settecento venivano animate dall’alto per mezzo di una sottile asta metallica collegata alla testa attraverso uno snodo e per mezzo di più fili, che consentivano i movimenti delle braccia e delle gambe. In Sicilia, nella prima metà dell’Ottocento, un geniale artefice di cui si ignora il nome escogitò gli efficaci accorgimenti tecnici che trasformarono le marionette in pupi: egli fece in modo che l’asta di metallo per il movimento della testa non fosse più collegata ad essa tramite uno snodo, ma la attraversasse dall’interno e, cosa ben più importante, sostituì il sottile filo per l’animazione del braccio destro con la robusta asta di metallo, caratteristica del pupo siciliano. Questi nuovi espedienti tecnici consentirono di imprimere alle figure animate movimenti più rapidi, diretti e decisi, e perciò particolarmente efficaci per imitare sulla scena duelli e combattimenti, che tanta parte avevano nelle storie cavalleresche.

Esistono in Sicilia due differenti tradizioni dell’Opera dei Pupi: quella palermitana, affermatasi nella capitale e diffusa nella parte occidentale dell’isola con la Famiglia Cuticchio, e quella catanese con don Gaetano Crimi, il quale aprì il suo primo teatro nel 1835. Le due tradizioni differiscono per dimensioni e peso dei pupi, per alcuni aspetti della meccanica e del sistema di manovra, ma soprattutto per una diversa concezione teatrale e dello spettacolo, che ha fatto sì che nel catanese si affermasse un repertorio cavalleresco ben più ampio di quello palermitano e per molti aspetti diverso. I Pupi riccamente decorati e cesellati, con una struttura in legno, avevano delle vere e proprie corazze e variavano nei movimenti a seconda della scuola di appartenenza in palermitani o catanese. La differenza più evidente stava nelle articolazioni: leggeri e snodabili i palermitani (comunque difficili da manovrare), più pesanti e con gli arti fissi i catanesi (ma più semplici da manovrare).

Il puparo curava lo spettacolo, le sceneggiature, i pupi, e con un timbro di voce particolare riusciva a dare suggestioni e ardore alle scene epiche rappresentate. I pupari, pur essendo molto spesso analfabeti, conoscevano a memoria opere come la Chanson de Roland, la Gerusalemme liberata e l'Orlando furioso. Oggi operano ancora la Famiglia Napoli a Catania e la Famiglia Cuticchio a Palermo, mentre a Messina alla tradizione della Famiglia Gargano vanno aggiunti i Cimarosa, i Curcio e la Compagnia Marionettistica dell’Ippogrifo, guidata dal maestro Francesco Cortese, detto Gigi, erede di un’arte appresa dal padre Ettore.

Il Teatro Sperimentale Universitario

L’attività del Teatro Sperimentale di Messina viene inaugurata nel 1936, nell’ambito del GUF locale, con la direzione di Enrico Fulchignoni. Gli succederanno dal 1939 Adolfo Cùzari e, nelle ultime due stagioni, Heros Cùzari, sino al 1942, quando cala il sipario su una delle pagine più importanti della storia della vita culturale messinese. Con una fisionomia propria rispetto ad esperienze analoghe, lo Sperimentale di Messina attinge ad un repertorio leggendario e popolare, siciliano e internazionale, mettendo in scena spettacoli che utilizzano testi di Pirandello e Capuana, ma anche di O’ Neill, Cechov, Wilder, oltre che i classici, da Euripide e Plauto a Goldoni, e molti altri, spaziando dalla danza al teatro giapponese, dalla poesia agli adattamenti da Zavattini.  

A Fulchignoni si deve il manifesto fondativo di quell’esperienza che, con l’obiettivo di riflettere criticamente sull’arte teatrale, crea attorno allo Sperimentale un vivace dibattito sulla drammaturgia e sull’istituto registico, coinvolgendo il pubblico di spettatori. «Il Teatro non è solo poesia, non solo pittura o musica, ma qualcosa di più di tutto questo che vive esclusivamente in una sintesi: quella della ribalta», scrive Fulchignoni. In questo laboratorio innovativo, aperto alla città e caratterizzato dalla vivacità di iniziative proposte, che raccoglie attorno a sé giovani e studenti, prendono forma le straordinarie intuizioni di Enrico Fulchignoni, destinato a divenire uno dei protagonisti del teatro italiano novecentesco, ma qui inizia anche la carriera artistica di figure come quelle di Mario Landi, poi divenuto popolare regista televisivo, e Adolfo Celi, regista e attore di richiamo internazionale, o di Turi Vasile e Mauro Francini.   

Le regie, stagione dopo stagione, furono curate dallo stesso Fulchignoni e da Heros Cùzari, da Mario Landi e Adolfo Celi, ma anche da Francesco Passanti, Corrado Ribaudo, Oreste Palella, Francesco Tropeano, Anna Ribaudo, Saverio Toldonato, Felice Racchiusa. Scenografi e costumisti furono Daniele Schmidt, Carmelo Bonanno, Giuseppe Bonsignore, Vincenzo Terranova, Domenico Bologna, Maria Signorelli. Tantissimi i nomi dei messinesi che si misero alla prova come attori, facendone, in alcuni casi, una vera e propria professione.

Dopo l’esperienza tragica della guerra, il secondo Teatro Sperimentale messinese prese vita per iniziativa di un gruppo di continuatori, che si riunirono nel nucleo promotore della “Corda Fratres” universitaria, fondando una compagnia della quale furono registi Felice Racchiusa, Giovanni Lazzaro, Nino Cacìa, Vittorio e Riccardo Sgroi. L’attività fu inaugurata il 2 giugno del 1948 presso il Salone della Casa dello Studente di via Cesare Battisti, con due spettacoli, e si concluse l’anno successivo alla Sala “Filarmonica Laudamo”.

Nel 1964 e nel 1968, infine, si colloca a Messina l’attività del “Cut” (Centro Universitario Teatrale), che si ispira al Teatro Sperimentale nel tentativo di proporre un progetto culturale più ampio attorno agli spettacoli messi in scena e di colmare un vuoto teatrale esistente in città, soprattutto per le giovani generazioni. I testi, di Eliot e Shakespeare per la prima stagione e di Beckett e Ionesco per la successiva, vennero realizzati con la regia di Paola Gullì Pugliatti, che li tradusse con Lucia Girlanda, la scenografia di Marco Dentici e i costumi di Fabio Trombetta e Maria Cartoceti, con un nuovo cast di attori e collaboratori alla regia come Elvira Natoli, Antonio Colajanni, Mimmo Scolarici, Gianluigi Calderone, Nicola De Domenico. All’iniziativa presero parte, tra gli altri, Lucio Barbera, Massimo Basile, Enrico Mormina, Giovanni Cantio, Renato Musmeci, Salvo Politi. Tra le iniziative più “rivoluzionarie” del Cut, l’invito a Messina dell’Open Theater Ensemble di New York (13 maggio 1968) e lo spettacolo con Laudi del XIII e del XIV secolo nei ruderi della chiesa medievale “La Badiazza” (28 giugno 1968).

In quegli anni, va ricordata l’istituzione di una Compagnia Stabile di Prosa, a partire dalla stagione 1965-1966, sostenuta, fondata e diretta dall’attore e regista Massimo Mollica, per garantire un’offerta teatrale continua alla città. Qualche anno prima, lo stesso Mollica aveva promosso la produzione del “Ridottissimo”, in una saletta del Teatro Savoia.  

Ritratto di spalle

Ritratto di spalle, messo in scena per la prima volta nel 1974, è stato rappresentato nel 2010 alla Sala Laudamo di Messina con la regia e l’interpretazione di Viviana Piccolo. L’opera, definita “monodramma” dall’autore Rocco Familiari, scandaglia i segreti più intimi dell’universo femminile, che la protagonista confida al pubblico come fosse nel salotto di casa, o a se stessa davanti a uno specchio, nel quale osserva la propria immagine moltiplicata e frantumata nei ricordi e nei labirinti del pensiero.

Trovarsi

Impegnati da diversi anni nella rilettura della drammaturgia pirandelliana, i due registi e attori Enzo Vetrano e Stefano Randisi affrontano, in Trovarsi, il rapporto tra verità e finzione, centrale nell’opera dell’autore agrigentino. Protagonisti dello spettacolo, prodotto nel 2011 dal Teatro Vittorio Emanuele di Messina, in collaborazione con Daf - Teatro dell'Esatta Fantasia, Mascia Musy e il giovane attore messinese Angelo Campolo. 

Hairspray (...grasso è bello)

Tradotto e adattato dall'autore e regista Massimo Romeo Piparo, Hairspray (...grasso è bello) è la prima versione al mondo in lingua non inglese del celebre musical che ha spopolato a Broadway. Nello spettacolo, prodotto dalla messinese Planet Musical, temi di grande attualità come la rivalsa dei “diversi” e l’integrazione razziale, con l’energia di una memorabile colonna sonora anni Sessanta. Nei panni della protagonista, accanto a Stefano Masciarelli, troviamo la giovane attrice messinese Giovanna D'Angi.

Pages