Le Scalinate dell'Arte
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PREMESSA

Il nostro obiettivo è quello di condurre il visitatore alla scoperta delle diverse espressioni dell’arte contemporanea Messinese. Infatti, questo portale web permette al visitatore di accedere ad informazioni, immagini video ed audio, riguardanti l’offerta turistico-culturale sull’arte contemporanea della città. Inoltre, esso ambisce a divenire un incubatore d'arte contemporanea, per mezzo del quale sarà possibile associare ad ogni luogo, identificato da un grande valore nel campo storico, artistico e culturale, una particolare enfasi, rendendolo unico e carico di pathos. Cosa aspetti? Buona navigazione alla scoperta dell' arte contemporanea Messinese!


CONTENUTI IN EVIDENZA

Nel 1923 viene fondata la S.A.I.E. (Società Anonima Imprese Edilizie) che avrebbe realizzato la Galleria V.E. per conto della S.G.E.S. (Società Generale Elettrica della Sicilia) che aveva sede anche a Catania e a Palermo. Nel 1924 la SAIE si obbligò con il Comune a realizzare il quarto edificio a completamento della piazza circolare e si aggiudicò, nel corso di un’asta pubblica, l’intero comparto dell’is. 323. Il progetto della Galleria V.E. fu affidato all’architetto messinese Camillo Puglisi Allegra, il cui studio era a Venezia, ma la cui professionalità era conosciuta in città per avere vinto, nel 1911, il concorso per la progettazione della nuova Camera di commercio la cui conclusione dei lavori avverrà nello stesso periodo di quella della Galleria. Egli avrebbe dovuto realizzare l’edificio della galleria e dotarlo di un portico come prescritto dal R.d.A. del Piano Regolatore di Borzì.

E’ il nome di un’antica strada abitata in passato da conducenti di Carri. Da Viale Principe Umberto conduce a Via Malta e da lì al viale Boccetta.

A ridosso del disastro occorso alla gente di Sicilia il I ottobre 2009, Michele Cannaò, Sara Montani, Togo e Guido Oldani chiamano a raccolta i colleghi artisti al Palazzo della Permanente di Milano per un happening dedicato alla tragedia. Da qui l’idea di Cannaò di creare in quella terra un Museo del Fango fatto di dipinti, sculture, filmati, poesie, racconti e quanto dell’arte possa costituire argine culturale. 

La consuetudine con Messina, ci consente di individuare nel “Paesaggio” di Giovanni Bonini un’ambientazione peloritana, sia pure indistinta se consideriamo la scarsa attenzione del pittore per il dato oggettivo e la veridicità topografica. Potrebbe trattarsi di una veduta dei laghi di Ganzirri dai monti Peloritani o, più probabilmente, una ripresa della falce del porto dalle alture che sovrastano la città. Protagonisti della scena, più del reticolo urbano, dei caseggiati e delle montagne, sono gli alberi in primo piano che si ergono irregolari fino a occupare tutto il margine superiore del dipinto. A segnare la particolare atmosfera di un pomeriggio autunnale intervengono le corpose pennellate giustapposte, studiate per conferire lievi trapassi cromatici alle ombre e dare vigore alle forti luci del cielo. La composizione è per lo più accademica per via del sapiente bilanciamento delle masse cromatiche e per il rapporto dosato fra la verticalità degli alberi e la stratificazione orizzontale della campagna, del mare, della lingua di terra, delle montagne calabresi, fino al cielo luminoso che d’improvviso si interrompe per l’irruenza delle chiome alberate. La narrazione è tuttavia intimistica e raccolta, non certo eroica e titanica; piuttosto venata da una sottile malinconia e da un impeto tutto mediterraneo che dà ragione del giudizio personale che Daniele Schmiedt riservò al pittore solitario e valoroso. L’interesse per i luoghi dello Stretto rappresenta in effetti la cifra dominante che accomuna molti artisti attivi nel primo ventennio del XX secolo a Messina, soprattutto di quelli che graviteranno nell’entourage del “Fondaco”. Il quadro di Bonini mostra ad esempio sorprendenti affinità tipologiche (oltre che topografiche) con una tela dell’amico Schmiedt dello stesso anno intitolata “Tramonto sullo Stretto”. Si potrebbe immaginare che, idealmente, le due opere siano frutto della medesima gita sui colli peloritani e della stessa seduta di pittura en plein air. Alle soglie della grande guerra e conclamata la pittura futurista, nel nostro quadro si ravvisano i tratti distintivi di un richiamo all’ordine e il rifiuto degli sperimentalismi che pure in quel periodo si affermavano nella pittura europea. Come è stato notato da Lucio Barbera, la poetica di Bonini può essere messa in relazione con l’opera di Soffici e Rosai. Si evidenziano, infatti, certe tensioni verso una sintesi di reale e spirituale, in definitiva emerge quel concetto di “materia spiritualizzata”, di “realismo sintetico” che ha pervaso tanta pittura nel primo ventennio del Novecento. Considerati i paesaggi urbani del 1956, esposti alla Mostra La vetrina dell’OSPE. Artisti a Messina negli anni ’50 tenuta al Teatro Vittorio Emanuele nel 1997 (che ricordano con immediatezza certi quartieri popolari di Messina), questo dipinto si colloca fra le opere meno recenti di Bonini presenti nel territorio messinese.Per una analisi del dipinto vedi L. Giacobbe (a cura di), Opere d’arte della Camera di Commercio di Messina. Ottocento e primo Novecento, Presentazione di Antonino Messina. Saggi di Sergio Bertolami e Gioacchino Barbera. Catalogo di Luigi Giacobbe, Messina, Magika Edizioni, 2011, pp. 108-113.

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