Alessandra Lanese: A350, 2012.

Testo Ridotto: 

Un treno viaggia a tutta velocità verso lo spettatore. Dietro la macchina,  lo skyline vertiginoso di una metropoli. New York, Singapore, Chicago, la scena potrebbe svolgersi in qualsiasi contesto urbano metropolitano. Forse è un mattino umido e di pioggia, i colori del cielo sono quelli di un giorno blu, sporcato dagli umori della metropoli. L’immagine è un chiaro tributo a Rain, Steam and Speed (1844) di Turner, pittore che ha molto influenzato lo stile della Lanese insieme con altre, più moderne suggestioni.

Testo Medio: 

Un treno viaggia a tutta velocità verso lo spettatore. Dietro la macchina,  lo skyline vertiginoso di una metropoli. New York, Singapore, Chicago, la scena potrebbe svolgersi in qualsiasi contesto urbano metropolitano. Forse è un mattino umido e di pioggia, i colori del cielo sono quelli di un giorno blu, sporcato dagli umori della metropoli. L’immagine è un chiaro tributo a Rain, Steam and Speed (1844) di Turner, pittore che ha molto influenzato lo stile della Lanese insieme con altre, più moderne suggestioni.Tra queste sicuramente va l’Informale, con tutta la sua eredità di segno e materia, e la fotografia nel taglio dell’immagine. Un disegno preciso costituisce la struttura del quadro, su di esso s’innestano le vibrazioni del colore, atmosferico e vaporoso come quello di Turner, e alcune successive abrasioni della superfice che rimandano ai manifesti di Rotella o ai cartelloni pubblicitari dimenticati nelle periferie. Proprio secondo la poetica della Lanese, il quadro sembra voler immortale il “divenire delle cose”[1], la loro mutazione. Il tempo, quindi, è il tema di quest’opera. L’avanzare della locomotiva è bloccato in un istante eterno in cui è già iniziato il disfacimento dell’acciaio. Mentre quella di Turner era l’immagine simbolica del trionfo sbuffante della modernità, questa di Lanese sembra un’apparizione, un sogno, un miraggio metropolitano che in un istante d’occhio raccoglie tutto il senso, transitorio ed effimero, della vita e di un’intera epoca.  L’attenzione ai processi del tempo ha un’altra manifestazione nelle tele fatte a pezzi e scrostate che la Lenese mette nei vasetti di vetro (S.S.114), analogamente ai mandala buddisti dopo ore ininterrotte di lavoro. I mandala sono rappresentazioni dell’universo, la loro distruzione allude alla transitorietà delle cose e alla loro impermanenza, al divenire ciclico di morte e rinascita che è proprio l’essenza del tempo.

 


[1] Alessandra Lanese: Immagini (s)velate, catalogo della mostra al Monte di Pietà, a cura di Teresa Pugliatti e Luigi Ferlazzo Natoli, Pungitopo, Messina 2012, p. 15. 

 

Testo Esteso: 

Un treno viaggia a tutta velocità verso lo spettatore. Dietro la macchina,  lo skyline vertiginoso di una metropoli. New York, Singapore, Chicago, la scena potrebbe svolgersi in qualsiasi contesto urbano metropolitano. Forse è un mattino umido e di pioggia, i colori del cielo sono quelli di un giorno blu, sporcato dagli umori della metropoli. L’immagine è un chiaro tributo a Rain, Steam and Speed (1844) di Turner, pittore che ha molto influenzato lo stile della Lanese insieme con altre, più moderne suggestioni.Tra queste sicuramente va l’Informale, con tutta la sua eredità di segno e materia, e la fotografia nel taglio dell’immagine. Un disegno preciso costituisce la struttura del quadro, su di esso s’innestano le vibrazioni del colore, atmosferico e vaporoso come quello di Turner, e alcune successive abrasioni della superfice che rimandano ai manifesti di Rotella o ai cartelloni pubblicitari dimenticati nelle periferie. Proprio secondo la poetica della Lanese, il quadro sembra voler immortale il “divenire delle cose”[1], la loro mutazione. Il tempo, quindi, è il tema di quest’opera. L’avanzare della locomotiva è bloccato in un istante eterno in cui è già iniziato il disfacimento dell’acciaio. Mentre quella di Turner era l’immagine simbolica del trionfo sbuffante della modernità, questa di Lanese sembra un’apparizione, un sogno, un miraggio metropolitano che in un istante d’occhio raccoglie tutto il senso, transitorio ed effimero, della vita e di un’intera epoca. L’attenzione ai processi del tempo ha un’altra manifestazione nelle tele fatte a pezzi e scrostate che la Lenese mette nei vasetti di vetro (S.S.114), analogamente ai mandala buddisti dopo ore ininterrotte di lavoro. I mandala sono rappresentazioni dell’universo, la loro distruzione allude alla transitorietà delle cose e alla loro impermanenza, al divenire ciclico di morte e rinascita che è proprio l’essenza del tempo. Non c’è però malinconia, o tristezza in questa immagine. Anche lo skyline grigio della metropoli, le sue ciminiere nere seduco più che inquietare. La metropoli è qui sogno, fondale decorativo, scenario onirico dei desideri. Nella mostra del Monte di Pietà le città del mondo ritornano anche nei nomi delle opere: Berlino, New York, Parigi. Coerentemente con la sua formazione, la Lanese vuole parlare del mondo con i protagonisti della nostra epoca: aerei, treni, dirigibili. Tuttavia la natura sembra sempre prevalere, fino a entrare nella stessa materia del quadro, sfaldandola e scompaginandola. Lo scenario metropolitano, le splendide città sembrano cancellarsi a causa del suo impeto. La figura umana non c’è, l’architettura e le macchine sono i protagonisti della sua estetica. Forse si tratta di una logica, coerente, conseguenza della sua scelta di abbandonare la fotografia, appena essa è diventata uno strumento digitale, per tornare all’antico mestiere della pittura, laddove la quantità di lavoro e d’idee sono realmente misurabili e, senza artificio, riferibili alla sola la mano dell’uomo. L’uomo è sparito, perché è il produttore e il destinatario di questa comunicazione estetica. L’arte delle Lanese appartiene alla tradizione della pittura e alla sua radice più sincera: quella del racconto, dove le immagini sono ancora rappresentazione di concetti, visioni e suggestioni che si servono della ricchezza delle forme per emozionare e interrogarsi con la natura del nostro tempo e le traiettorie complesse, e a volte inafferrabili, della realtà.




[1] Alessandra Lanese: Immagini (s)velate, catalogo della mostra al Monte di Pietà, a cura di Teresa Pugliatti e Luigi Ferlazzo Natoli, Pungitopo, Messina 2012, p. 15. 

 

Galleria Immagini: 

A350, 2012.

  • Alessandra Lanese: A350, 2012, tecnica mista, 210 x 230 cm.
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Pungitopo
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