Giuseppe Migneco: Ragazzi sotto il fico, 1939.

Testo Ridotto: 

L’opera appartiene alla prima stagione creativa del pittore, e ne è sicuramente uno dei prodotti migliori. Presentata alla seconda mostra di Corrente (1939), la tela rappresenta lo stile peculiare del giovane Migneco. Il quadro è impostato su un colore dalla grafia corsiva, vangoghiana, e su un’acida tonalità di gialli e verdi che il pittore modula in una particolare stesura vibrante e tormentata.

Testo Medio: 

L’opera appartiene alla prima stagione creativa del pittore, e ne è sicuramente uno dei prodotti migliori. Presentata alla seconda mostra di Corrente (1939), la tela rappresenta lo stile peculiare del giovane Migneco. Il quadro è impostato su un colore dalla grafia corsiva, vangoghiana, e su un’acida tonalità di gialli e verdi che il pittore modula in una particolare stesura vibrante e tormentata.La vibrazione pittorica riguarda tutta l’opera, dal paesaggio alle membra dei giovani raccolte al petto in una drammatica tensione muscolare. Nel marzo del 1940 Beniamino Joppolo scriverà su Corrente che la sua pittura ha “i segni di una colluttazione diretta col mondo”, e De Grada sempre sulla stessa rivista noterà che Migneco “feriva con il macabro proprio di certi antichi Trionfi della Morte, con l’ossessione delle grottesche di una cattedrale protogotica”. Il critico aggiunge che Migneco “aveva portato a Milano un mondo di disperazione ancestrale, di origine sicula, dalla quale egli trovava requie in una cabala di segni e colori”. Di fatto, Ragazzi sotto il fico sembra riecheggiare l’atmosfera onirico tragica di Conversazione in Sicilia, l’opera letteraria di Elio Vittorini pubblicata a puntate tra il 1938 e il 1939 sulla rivista Letteratura. Siciliani entrambi ed entrambi ferventi antifascisti, Migneco e Vittorini, secondo i rispettivi ambiti, rappresentano quella particolare tensione artistica e intellettuale che negli anni immediatamente precedenti alla seconda guerra mondiale si raddensò attorno agli artisti isolani emigrati a Milano. Una tensione che, di fatto, esploderà subito dopo la guerra nella grande stagione dell’impegno realista, cui si affiancherà l’interesse per le avanguardie e le tendenze europee escluse dal regime fascista. In questo senso la vena vangoghiana di Migneco rappresenta un precoce assorbimento e una personale rivisitazione di temi e stili che è tra la più avanzate e originali del periodo.

Testo Esteso: 

L’opera appartiene alla prima stagione creativa del pittore, e ne è sicuramente uno dei prodotti migliori. Presentata alla seconda mostra di Corrente (1939), la tela rappresenta lo stile peculiare del giovane Migneco. Il quadro è impostato su un colore dalla grafia corsiva, vangoghiana, e su un’acida tonalità di gialli e verdi che il pittore modula in una particolare stesura vibrante e tormentata.La vibrazione pittorica riguarda tutta l’opera, dal paesaggio alle membra dei giovani raccolte al petto in una drammatica tensione muscolare. Nel marzo del 1940 Beniamino Joppolo scriverà su Corrente che la sua pittura ha “i segni di una colluttazione diretta col mondo”, e De Grada sempre sulla stessa rivista noterà che Migneco “feriva con il macabro proprio di certi antichi Trionfi della Morte, con l’ossessione delle grottesche di una cattedrale protogotica”. Il critico aggiunge che Migneco “aveva portato a Milano un mondo di disperazione ancestrale, di origine sicula, dalla quale egli trovava requie in una cabala di segni e colori”. Di fatto, Ragazzi sotto il fico sembra riecheggiare l’atmosfera onirico tragica di Conversazione in Sicilia, l’opera letteraria di Elio Vittorini pubblicata a puntate tra il 1938 e il 1939 sulla rivista Letteratura. Siciliani entrambi ed entrambi ferventi antifascisti, Migneco e Vittorini, secondo i rispettivi ambiti, rappresentano quella particolare tensione artistica e intellettuale che negli anni immediatamente precedenti alla seconda guerra mondiale si raddensò attorno agli artisti isolani emigrati a Milano. Una tensione che, di fatto, esploderà subito dopo la guerra nella grande stagione dell’impegno realista, cui si affiancherà l’interesse per le avanguardie e le tendenze europee escluse dal regime fascista. In questo senso la vena vangoghiana di Migneco rappresenta un precoce assorbimento e una personale rivisitazione di temi e stili che è tra la più avanzate e originali del periodo.Questo prima stagione della sua pittura già delinea il carattere della poetica di Migneco. Impegnata, sofferta, tragica e onirica, l’opera racchiude la cifra che l’artista dipanerà durante tutta la sua lunga carriera.  Se i soggetti muteranno col mutare della Penisola, Migneco terrà fede ai meridiani della sua estetica. In lui non c’è traccia di una ricerca del bello, la sua appare come una narrazione, la restituzione di “un’immagine sostanziale del mondo”. Espressionismo e realismo sociale, sono etichette che possono aiutare a incasellare lo stile di Migneco, tuttavia il suo percorso diviene sostanzialmente indipendente dal dopo guerra. L’artista, infatti, non aderisce a nessuna corrente, rimanendo fuori dal dibattito estenuante tra astrattismo e realismo. Compare intorno alla fine degli anni ’40 anche Picasso (Contadino, 1948),ma l’artista rapidamente prosegue sulla rotta segnata dalla sua sensibilità. Migneco racconta un’umanità dolorosa e sofferente, che anche nei momenti più gioiosi della sua monumentalizzazione conserva una grottesca tensione esistenziale (Ballo dei contadini, 1953).  Il contatto con l’opera di Francis Bacon lascia un segno nella sua pittura sfaldata e claustrofobica dei ’60. Ma è quasi una reazione politica, più che un influsso pittorico vero e proprio. Il mutamento della società italiana è ormai avviato, e Giuseppe Migneco registra nella sua galleria di personaggi, gli sfarzi, le ipocrisie e i drammi quotidiani del Paese. I pescatori, e le genti di Sicilia non spariscono dal suo ricco canovaccio di soggetti, tuttavia verso gli anni ’70 la sua pittura vira ancora in atmosfere oniriche, surreali e stranianti (Pescatore con granseola, 1970) cariche di amare riflessioni esistenziali. Dagli anni ‘80 in poi compaiono scenari metropolitani deserti in cui fanno capolino solitarie figure di uomini dai volti mostruosi, segnati da incontri e presagi carichi di un costante presentimento di morte. Lontano da una visione meramente esistenziale e personale, l’opera di Giuseppe Migneco, col suo lungo e prolifico percorso, è il racconto affascinante e, a tratti inquietante, del radicale cambiamento che il Paese affrontò, tra ansie, gioie e tormenti, a contatto con lo spirito della modernità. 

Galleria Immagini: 

Giuseppe Migneco: Ragazzi sotto il fico, 1939.

  • Giuseppe Migneco: Ragazzi sotto il fico, 1939, olio su tela, 40 x 50 cm, Collezione Serena Verdini, Firenze
Credits: 
Da: Migneco Europeo, catalogo della mostra a cura di Lucio Barbera e Annamaria Ruta, Silvana editoriale, Milano 2009.
Gallerie Immagini Secondarie: 

Gallerie Opere Giuseppe Migneco

  • Giuseppe Migneco: Pescatore e bambino, 1946, olio su tela, 99 x 70 cm, Collezione privata, Milano.
  • Giuseppe Migneco: Contadino, 1948, olio su tela, 80 x 70 cm, Collezione privata, Palermo.
  • Giuseppe Migneco: Strip-tease patriottico, 1963, olio su tela, 61 x 50 cm, Collezione privata, Milano.
  • Giuseppe Migneco: J'ai deux amours, 1968, olio su tela, 92 x 65 cm, Collezione privata, Milano.
  • Giuseppe Migneco: Pescatore che riposa, 1978, olio su tela, 50 x 80 cm, Provicia Regionale di Trapani.
  • 6.Giuseppe Migneco: L'ultima stazione (ricordo di B.Joppolo), 1996, olio su tela, 120 x 120, Collezione privata, Milano.
Credits: 
Da: Migneco Europeo, catalogo della mostra a cura di Lucio Barbera e Annamaria Ruta, Silvana editoriale, Milano 2009.
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