Giovanni Cammarata: Elefanti Corazzati da Combattimento, 1983 - 1991.

Testo Ridotto: 

I tre Elefanti corazzati da combattimento furono realizzati da Giovanni Cammarata tra il 1983 e il 1991 all’interno del fantasmagorico giardino della sua casa. Dalla fine degli anni ’70 il cementiere lavoro alla sua abitazione trasformandola in un parco di sculture, un monumento abusivo nella periferia degradata di Maregrosso. Chiamerà la sua opera in molti modi, attirando l’attenzione generale, tuttavia le ruspe dei proprietari dell’area sui cui egli viveva dal 1953, distruggeranno buona parte del suo lavoro, compreso il grande elefante decorato, danneggiando pesantemente gli altri due.

Testo Medio: 

I tre Elefanti corazzati da combattimento furono realizzati da Giovanni Cammarata tra il 1983 e il 1991 all’interno del fantasmagorico giardino della sua casa. Dalla fine degli anni ’70 il cementiere lavoro alla sua abitazione trasformandola in un parco di sculture, un monumento abusivo nella periferia degradata di Maregrosso. Chiamerà la sua opera in molti modi, attirando l’attenzione generale, tuttavia le ruspe dei proprietari dell’area sui cui egli viveva dal 1953, distruggeranno buona parte del suo lavoro, compreso il grande elefante decorato, danneggiando pesantemente gli altri due.Simbolo totemico della sua arte, gli elefanti furono posti dall’artista cementiere in una simbolica corsa verso il mare negato dalla linea ferrata, il genius loci rimosso dalla Messina novecentesca. “Sapeva Cammarata che la Sicilia, centinaia di migliaia di anni fa, prima di essere abitata dall’uomo, fu una terra di elefanti che si aggiravano in branchi numerosi e possenti scorrazzando proprio dove oggi sorgono le nostre città?”[1]. Certamente un’idea poteva essergli venuta dalla Fontana dell’Elefante a Catania, la scultura di epoca incerta riassettata in coreografia monumentale tra il 1735 e il 1737 dall’architetto palermitano Giovanni Battista Vaccarini. Di fatto, l’ultimo dei tre elefanti, il più grande, era decorato e sormontato da una casetta costruita da Cammarata per placare lo spirito che, a suo dire, lo rimproverava di abitare un’area non sua.  Naturale oggetto di attenzione da parte di visitatori e dei fotografi che conobbero la Casa del Cavaliere[2], gli elefanti e la loro sorte disperata racchiudono il paradigma della lotta artistica e sociale intrapresa da Giovanni Cammarata contro il degrado di Maregrosso. L’operazione del cementiere semianalfabeta ben lungi dall’essere estemporanea, è stata sempre regolata da una tensione precisa: salvare, educare, costruire una possibilità di futuro per le nuove generazioni attraverso l’arte.

 


[1] Eva Di Stefano, Irregolari: Art Brut e Outsider Art in Sicilia, Kalos, Palermo 2008, p.165

[2] John Maizels &Deidi Von Schaewen,  Fanatasy Worlds, Taschen, 2007.

 

Testo Esteso: 

I tre Elefanti corazzati da combattimento furono realizzati da Giovanni Cammarata tra il 1983 e il 1991 all’interno del fantasmagorico giardino della sua casa. Dalla fine degli anni ’70 il cementiere lavoro alla sua abitazione trasformandola in un parco di sculture, un monumento abusivo nella periferia degradata di Maregrosso. Chiamerà la sua opera in molti modi, attirando l’attenzione generale, tuttavia le ruspe dei proprietari dell’area sui cui egli viveva dal 1953, distruggeranno buona parte del suo lavoro, compreso il grande elefante decorato, danneggiando pesantemente gli altri due.Simbolo totemico della sua arte, gli elefanti furono posti dall’artista cementiere in una simbolica corsa verso il mare negato dalla linea ferrata, il genius loci rimosso dalla Messina novecentesca. “Sapeva Cammarata che la Sicilia, centinaia di migliaia di anni fa, prima di essere abitata dall’uomo, fu una terra di elefanti che si aggiravano in branchi numerosi e possenti scorrazzando proprio dove oggi sorgono le nostre città?”[1]. Certamente un’idea poteva essergli venuta dalla Fontana dell’Elefante a Catania, la scultura di epoca incerta riassettata in coreografia monumentale tra il 1735 e il 1737 dall’architetto palermitano Giovanni Battista Vaccarini. Di fatto, l’ultimo dei tre elefanti, il più grande, era decorato e sormontato da una casetta costruita da Cammarata per placare lo spirito che, a suo dire, lo rimproverava di abitare un’area non sua.  Naturale oggetto di attenzione da parte di visitatori e dei fotografi che conobbero la Casa del Cavaliere[2], gli elefanti e la loro sorte disperata racchiudono il paradigma della lotta artistica e sociale intrapresa da Giovanni Cammarata contro il degrado di Maregrosso. L’operazione del cementiere semianalfabeta ben lungi dall’essere estemporanea, è stata sempre regolata da una tensione precisa: salvare, educare, costruire una possibilità di futuro per le nuove generazioni attraverso l’arte. Il suo “parco urbano abusivo” era stato costruito per i giovani di Maregrosso, egli era convinto che: <<se diamo in mano un pennello a un bambino non prenderà mai una pistola>> (Zampieri 2013), per questo egli rifiutò di vendere qualsiasi opera, dichiarandosi esplicitamente l’artista di Maregrosso, indissolubilmente legato a quella periferia desertificata preda di vandali e speculazioni. La sua stessa casa, palinsesto architettonico scultoreo sempre cangiante, divenne oggetto di dicerie prima e devastazioni poi, come lui stesso più volte ebbe modo di denunciare in diverse interviste. Nonostante l’interessamento di alcuni funzionari della Sovrintendenza e l’avvio di una catalogazione, mai conclusa, gli elefanti e l’enorme patrimonio di sculture, mosaici, murales, gessi, calchi, templi, maschere e castelli furono piallate per far posto al monumentale parcheggio di un supermercato. Del grande elefante corazzato capolavoro di Cammarata, nulla rimane, mentre gli altri due elefanti sono stati pesantemente danneggiati e gettati in una discarica a pochi passi dalla loro sede originaria. Insiste, in Via Maregrosso numero 20, l’ingresso monumentale di Casa Cammarata, salvato dalle ruspe perché costruito abusivamente sul marciapiede comunale e, soprattutto, perché provvidenzialmente salvato dall’intervento del commissario straordinario Gaspare Sinatra, che dopo Non rompete le opere di Notte, manifestazione del collettivo Machine Works, nell’ottobre del 2007 fece recintare i resti dell’opera consegnando le chiavi ai membri del collettivo. Lungi dall’essere un caso isolato, Cammarata appartiene al folto gruppo di artisti outsider siciliani che dal 2008 è divenuto oggetto di studio e di valorizzazione della storica dell’arte palermitana Eva Di Stefano, studiosa decana della materia e animatrice dell’Osservatorio Outsider Arte dell’Università di Palermo. L’opera di Cammarata è stata pure l’oggetto di studio dell’antropologo genovese Gabriele Mina (2011), contestualmente all’azione di studio e valorizzazione condotta dal gruppo di ricerca Zona Cammarata, e al numero crescente di documentari, e pubblici interventi che nel maggio del 2015 culmineranno con la doppia giornata di studi messinese organizzato dall’European Outsider Art association, la prestigiosa istituzione internazionale che raccoglie i maggiori esperti e studiosi del settore. Per l'occasione, l'amministrazione comunale preleva i due elefanti superstiti restuarandoli e installandoli, permanentmente, negli spazi espositivi del Palacultura.

 


[1] Eva Di Stefano, Irregolari: Art Brut e Outsider Art in Sicilia, Kalos, Palermo 2008, p.165

[2] John Maizels &Deidi Von Schaewen,  Fanatasy Worlds, Taschen, 2007.

 

Galleria Immagini: 

Elefanti Corazzati da Combattimento

  • Elefanti Corazzati da Combattimento
  • Il grande Elefante Corazzato da Combattimento, oggi distrutto.
  • La Carica degli Elefanti Corazzati da Combattimento
Credits: 
Dall'Archivio Sovrintendenza per i BB.CC.AA. di Messina (1999)
Gallerie Immagini Secondarie: 

Galleria Foto Casa di Giovanni Cammarata, 1999.

  • Casa Cammarata, spazi esterni (1999)
  • Casa Cammarata, spazi esterni (1999)
  • Casa Cammarata, spazi esterni (1999)
  • Casa Cammarata, spazi esterni (1999)
  • Casa Cammarata, spazi esterni (1999)
  • Casa Cammarata, spazi esterni (1999)
  • Casa Cammarata, spazi esterni (1999)
  • Casa Cammarata, spazi esterni (1999)
  • Casa Cammarata, spazi esterni (1999)
Credits: 
Dall'Archivio Sovrintendenza per i BB.CC.AA. di Messina (1999)
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