Giovanni Cammarata

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Giovanni Cammarata è nato a Messina nel 1914. Incontra l’arte fin da bambino, frequentando le botteghe degli artisti che lavoravano alle cappelle monumentali e ai sepolcri del Gran Camposanto. Impara quindi il mestiere di cementiere, probabilmente proprio nei numerosi cantieri della ricostruzione post sisma. Le condizioni di indigenza lo fanno arruolare volontario e durante la seconda guerra mondiale è fatto prigioniero dagli alleati, a Gaza, dove costruirà un favoloso castello in argilla che gli consentirà di ottenere uno sconto di pena durante il periodo detentivo. Tornato dal conflitto, si sposa e va a vivere a Maregrosso, in quello che lui stesso ribattezzerà Via delle Belle Arti n. 20 e che, tranne una sfortunata e breve parentesi d’emigrante in America, sarà la sua dimora fino al 2002, anno della morte. La casa è anche il suo laboratorio di cementiere, durante gli anni ’50 mantiene la famiglia realizzando vasche ed elementi decorativi da giardino. Animato di una potente vena creativa e di una caparbia forza di volontà inizia a decorare la sua abitazione prima rendendolo un giardino di sculture colorate e poi, lentamente, invadendo con murales, fontane e mosaici anche lo spazio circostante. Dagli anni 50 in poi, Maregrosso diventa zona ultra popolare, brulicante di vita e di baracche, officine e laboratori, priva di fognature, acqua ed elettricità. Uno scenario che diventerà ancora più drammatico alla fine degli anni 70’, quando con gli sbaraccamenti casa Cammarata si ergerà solitaria tra le macerie accanto alla rimessa degli aliscafi Rodriquez, azienda proprietaria dell’area. Privo di una vera formazione artistica, ma dotato di un’irrefrenabile fantasia onnivora di stili, iconografie e simboli, Cammarata inizierà a trasformare la sua casa: “La facciata, sormontata da fantasiosi pinnacoli, viene istoriata di mosaici in pietre dipinte, vetri di bottiglie di birra, animali e figure leggendarie, e circondata di statue policrome raffiguranti santi e crocifissi, esseri mitologici e personaggi storici […] tutta la casa è un repertorio di tecniche miste, povere e inventate lì per lì con ogni oggetto, pietra o strumento a portata di mano”[1]. Dal 1983 al 1991 realizza pure tre maestosi Elefanti corazzati da combattimento, gialli, in cemento armato e alti più di un metro e 20 ciascuno. Nonostante egli abiti l’area dagli anni ’50, Cammarata è considerato dai Rodriquez un abusivo. Egli occupa una piccola porzione della loro grande proprietà a ridosso della linea ferrata che taglia ogni relazione della città con il mare dalla stazione centrale fino a Tremestieri. Cammarata è l’unico in quegli anni di urbanesimo selvaggio e deregolato, a riconoscere la potenza paesaggistica del luogo e a cercare di restituire una relazione con il mare (Ulisse che vede la Sicilia, murales 1991). Nel 1996 gli viene intimato di sgomberare l’area, ma egli resiste strenuamente buttandosi sotto le ruspe. Vuole difendere le sue opere ad ogni costo, la Rai lo intervista dedicandogli un’intera puntata del format Storie Vere, tuttavia l’ombra dello sgombero incombe con un’ulteriore ordinanza. Nonostante la gratificazione delle foto realizzate dalla fotografa tedesca Deidi von Schaewen per il volume Fantasy World, l’opera di Cammarata corre un serio pericolo. Nel 2002 l’associazione Mamertini cerca di tutelare le sue opere, viene proposto anche di spostarle altrove, Cammarata è prossimo ai novant’anni, è il suo “testamento alla città”, il suo regalo alla periferia degradata di Maregrosso. Morirà quell’anno, dopo una solenne festa in mezzo ai giovani e le autorità locali. La sua casa verrà completamente distrutta insieme a tutte le sue opere per fare posto al parcheggio di un supermercato. Nel 2007, dopo anni di incuria e abbandono, grazie alla manifestazione del collettivo Machine Works, il commissario straordinario del Comune Gaspare Sinatra farà costruire un muretto per difendere dai vandali i resti della casa che insistono sul pubblico marciapiede. Dal 2008 in poi la casa è l’opera di Giovanni Cammarata sono diventati oggetto di autorevoli studi e pubblicazioni, documentari, servizi fotografici che fanno entrare a buon diritto l’opera di Cammarata tra le maggiori espressioni dell’outsider art siciliana. Dal 2011 il collettivo di ricerca Zonacammarata[2] si occupa di avviare una concreta opera di tutela e valorizzazione che, grazie all’amministrazione comunale, nel maggio del 2015 avvierà il restauro di parte delle opere superstiti, ospitando, insieme a Palermo, Heterotopias. Outsider Environments in Europe, il più prestigioso convegno internazionale sull’arte irregolare.

 


[1] Eva Di Stefano, Irregolari: Art Brut e Outsider Art in Sicilia, Kalos, Palermo 2008, p. 162.

[2] Il collettivo è composto da sociologi urbani, storici d’arte, architetti e professionisti della valorizzazione e della tutela dei Beni Culturali.

 

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