Francesca Borgia: La spina nel fianco, 2007.

Testo Ridotto: 

La tela appartiene al gruppo di opere della mostra Varchi, tenutasi nell’aprile del 2008 presso la galleria Fortuna arte.  Soggetto dell’opera è la penisola di San Raineri, la lingua di terra che chiude il porto della città di Messina. I greci chiamarono la città Zankle, proprio per la peculiare forma di questa lingua di terra, simbolo geografico e urbano inconfondibile, ancora oggi al centro di dibattiti e di progetti di riqualificazione che stentano a decollare. 

Testo Medio: 

La tela appartiene al gruppo di opere della mostra Varchi, tenutasi nell’aprile del 2008 presso la galleria Fortuna arte.  Soggetto dell’opera è la penisola di San Raineri, la lingua di terra che chiude il porto della città di Messina. I greci chiamarono la città Zankle, proprio per la peculiare forma di questa lingua di terra, simbolo geografico e urbano inconfondibile, ancora oggi al centro di dibattiti e di progetti di riqualificazione che stentano a decollare. Il mare è qui un fondo blu sgocciolante vicino alla pittura decadente e brutale di Francis Bacon, mentre la Falce si allunga come una creatura sofferente che guizza e si dibatte prima di esalare. Seguendo la generale intonazione della mostra, la pittura di Borgia vira verso un espressionismo che pur conservando i caratteri semplici del suo stile, ha il sapore di un urlo viscerale, di un dolore potente. “La Falce della Borgia è terra di approdo, come lo fu per i popoli del mare, e dopo secoli, per i coloni greci. Ricerca di un luogo da dove ricominciare; indagine sull’unica origine possibile. Ma quella speranza reca la lucidità di uno sguardo disperato”[1]. Così lo storico dell’architettura Nicola Aricò nel testo in catalogo, affronta con la consueta lucidità i temi sollevati con altrettanta chiarezza e veemente sentimento dall’artista stessa: “Questo è il MIO mare, ho gli occhi fissi alla sua stessa altezza, sono così dentro il suo ventre liquido da sentirne il respiro, i racconti, ed è per questo che ho sentito il bisogno di offrire alla mia gente lo spunto per una riflessione collettiva: chi siamo? Può esserci ancora una guida per noi naufraghi? Desideriamo un “custode” che ci conduca alla gestazione lenta ma inarrestabile di una nuova identità”. Il problema dell’identità continuerà a interessare l’artista che nel 2011 realizzerà con materiali di riciclo l’installazione Colpesce in occasione della performance collettiva Quasivive, organizzata nell’ex cantiere abbandonato dell’arena Sea Flight, a Capo Peloro.

 


[1] Francesca Borgia. Varchi, a cura di Nicola Aricò, catalogo della mostra alla galleria Fortunarte di Messina, Fortunarte, 2008, p. 3. 

 

Testo Esteso: 

La tela appartiene al gruppo di opere della mostra Varchi, tenutasi nell’aprile del 2008 presso la galleria Fortuna arte.  Soggetto dell’opera è la penisola di San Raineri, la lingua di terra che chiude il porto della città di Messina. I greci chiamarono la città Zankle, proprio per la peculiare forma di questa lingua di terra, simbolo geografico e urbano inconfondibile, ancora oggi al centro di dibattiti e di progetti di riqualificazione che stentano a decollare. Il mare è qui un fondo blu sgocciolante vicino alla pittura decadente e brutale di Francis Bacon, mentre la Falce si allunga come una creatura sofferente che guizza e si dibatte prima di esalare. Seguendo la generale intonazione della mostra, la pittura di Borgia vira verso un espressionismo che pur conservando i caratteri semplici del suo stile, ha il sapore di un urlo viscerale, di un dolore potente. “La Falce della Borgia è terra di approdo, come lo fu per i popoli del mare, e dopo secoli, per i coloni greci. Ricerca di un luogo da dove ricominciare; indagine sull’unica origine possibile. Ma quella speranza reca la lucidità di uno sguardo disperato”[1]. Così lo storico dell’architettura Nicola Aricò nel testo in catalogo, affronta con la consueta lucidità i temi sollevati con altrettanta chiarezza e veemente sentimento dall’artista stessa: “Questo è il MIO mare, ho gli occhi fissi alla sua stessa altezza, sono così dentro il suo ventre liquido da sentirne il respiro, i racconti, ed è per questo che ho sentito il bisogno di offrire alla mia gente lo spunto per una riflessione collettiva: chi siamo? Può esserci ancora una guida per noi naufraghi? Desideriamo un “custode” che ci conduca alla gestazione lenta ma inarrestabile di una nuova identità”. Il problema dell’identità continuerà a interessare l’artista che nel 2011 realizzerà con materiali di riciclo l’installazione Colpesce in occasione della performance collettiva Quasivive, organizzata nell’ex cantiere abbandonato dell’arena Sea Flight, a Capo Peloro.D’altra parte il rapporto con il mare rimarrà per tutto il Novecento e a seguire, il grande problema irrisolto della ricostruzione messinese post terremoto, un tema che diventerà centrale per riflessioni traversali a tutte le discipline e che avrà anche nello sguardo degli artisti non messinesi operanti in città una valenza, anche se con declinazioni diverse, assolutamente centrale: Renato Guttuso (1980) e Blu (2013). Nella psicologia junghiana la città e il mare sono termini equivalenti: “La città è simbolo materno, una donna che custodisce dentro di se gli abitanti come bambini. […]Il significato materno dell’acqua è una delle interpretazioni più sicure nel campo della mitologia, tanto che gli antichi dicevano: ἡ θάλασσα τῆς γενεσέως σύμβολον [il mare – simbolo della nascita]”[1]. Una doppia mancanza quindi investe la comunità messinese che ha perso i riferimenti della propria genitura storica, sepolta sotto il terremoto, e quelli presenti del suo scenario naturale sommerso dalla speculazione edilizia. Ed è la stessa Borgia a convalidare questa interpretazione: “La comprensione del blu con le sue sfumature, mi pervade e scava nell’interiorità, mentre la visione pittorica smembra, dissolve i contorni del mare facendo emergere il carattere di una comunità orfana, priva del caro ansimare delle cose”[2]. Al netto della sua arte, ingenua e drammatica insieme, Francesca Borgia dimostra di essere tra gli artisti più intellettualmente lucidi e attivi negli anni della grande crisi.




[1] C. G. Jung, La libido, simboli e trasformazioni, Newton e Compton ed., Roma 2003, p.198.

[2] Nota a margine dell’artista nel catalogo Varchi

 
 
Galleria Immagini: 

La spina nel fianco, 2007.

  • Francesca Borgia; La spina nel fianco, 2007, acrilici su tela, 100 x 100 cm.
Credits: 
Dal catalogo della mostra Varchi
Gallerie Immagini Secondarie: 

Galleria opere Francesca Borgia

  • Francesca Borgia: mare morto, 2007, acrilici su tela, 100 x 100 cm
  • Francesa Borgia: la spina nel fianco, 2007, acrilici su tela, 100 x 100 cm.
  • Francesa Borgia: gli alberi, 1999, acrilici su tela, 50 x 35 cm
  • Colapesce, installazione, ex arena Seaflight, Messina 2011.
Credits: 
Dal catalogo della mostra Varchi (2008), Dal catalogo della mostra Controcorrente (2011), dal profilo facebook di Quasivive (2011)
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