Giovanni Maria Currò

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Biografia: 
La sua formazione, tra cinema e teatro, lo ha condotto a Roma per seguire prima il corso di recitazione cinematografica a cura di Giulio Scarpati (1997/1998), poi l’accademia di recitazione e doppiaggio “Tuttinscena” diretta da Pino e Claudio Insegno (2002/2003) e il conservatorio teatrale “La Scaletta” diretto da Giovanni Battista Diotajuti (2003/2005). Tra i suoi maestri anche Lina Wertmuller (Taormina, 2009) e Sabine Uitz, nel seminario “Vocis Motus” del 2010 sul lavoro con la voce e il movimento. A teatro è stato diretto, tra gli altri, da Ugo Gregoretti (La porta sbagliata, di Natalia Ginzburg), Giampiero Cicciò (Don Giovanni all’inferno), Walter Manfrè (La Confessione). Con Paride Acacia ha lavorato come co-regista e attore in I sogni finiscono all’imbrunire e Reazionaria (prima spara e poi spiega). Ha fondato l'associazione culturale “Efrem” e ideato il progetto “Teatro da camera”, performance teatrali fuori dagli spazi ufficiali. Oltre a prendere parte a numerosi cortometraggi e video, Giovanni Maria Currò ha lavorato per il piccolo schermo in diverse fiction, come Non lasciamoci più di Vittorio Sindoni e La vita rubata di Graziano Diana, accanto a Beppe Fiorello, entrambe per la Rai, e Il capo dei capi di Enzo Monteleone e Alexis Sweet, trasmessa da Mediaset. Tra i suoi ultimi lavori per il teatro, c’è lo spettacolo Due (2015), scritto e interpretato dall’autore, in scena con Mauro Failla e con la regia di Roberto Bonaventura. Al centro della storia, un luogo e uno spazio imprecisati e un’epoca d’indefinita povertà, in cui due fratelli - “Uno” e “Due” – rimangono sospesi in un tempo morto a mezzanotte e tre quarti, oscillando tra la fame e il freddo, geograficamente segregati all’interno di una casa-tana che diventa prigione e rifugio al tempo stesso. Un testo che, oscillando tra claustrofobia e claustrofilia, fra odio e amore di clausura, secondo che ci tenti l’espatrio o ci lusinghi l’intimità della tana, la seduzione di vivere come un vizio solitario, descrive l’ambigua ed irrisolta condizione d’insularità già narrata dalla penna di Gesualdo Bufalino e di molti altri scrittori siciliani.
 
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