pittura

Pittura

Distrart_Laura Pittaccio: Kronos e Gea, 2015

Nella mitologia greca Kronos era un titano figlio di Gea (Terra) e Urano (Cielo). Grazie alla falce datagli dalla madre, Kronos evirò Urano, riuscendo a liberare se stesso e i suoi dodici fratelli che non erano stati dati alla luce a causa del padre. Il mito si lega alla città di Messina perché il suo nome greco era appunto quello di Zancle, falce in italiano, a causa della particolare forma del porto naturale. In questa pensilina Laura Pittaccio rappresenta il mito concentrandosi sulla figura di Gea, eroina dallo sguardo furbo che brandendo la falce sembra pronta a sviluppare il suo piano contro il mostruoso Urano dalla bocca sdentata.

Distrart_Gabriella Davì: Colapesce, 2015.

Colapesce, ovvero Nicola Pesce, era un giovane e temerario pescatore innamorato del mare. La sua leggenda ha numerosissime varianti tante quante sono le patrie che si contengono la sua nascita. Messina è una di quelle, e forse l’ambientazione più plausibile della struggente storia di questo uomo pesce che seguendo il re Federico II in un rilancio di scommesse finì nel fondo del mare per recuperare un monile d’oro, gettato a mò di sfida dal monarca. Giunto nelle profondità marine, Colapesce avrebbe trovato le tre colonne che reggono la Sicilia, metafora perfetta dei tre capi dell’Isola Lilibeo, Passero e Peloro. Notando che una di esse fosse in procinto di spezzarsi decise di rimanere negli abissi sostituendosi ad essa. In questa pensilina Gabriella Davì racconta il mito con grande semplicità, unendo un segno grafico sintetico e fiabesco a poche misurate parole che restituiscono la dimensione orale di questo mito.

Distrart_Daniele Battaglia: “Gommone e Immigrazione”, 2015.

In un surreale quanto paradossale ossimoro, settimanalmente, spesso anche contemporaneamente, sulle banchine del porto di Messina sbarcano i turisti croceristi e i migranti salvati nel Mediterraneo dalle grigie navi delle Marine Militari europee. Al centro di questo mare, la Sicilia vive da millenni i flussi migratori e le dominazioni che hanno plasmato la sua storia e la sua cultura. Milioni di siciliani hanno lasciato questa terra tra XIX e XX secolo, in una diaspora che oggi il canotto e il piccolo transatlantico di Daniele Battaglia ricordano assai bene in una comune quanto esplicita iconografia sociale.

Distrart_Claudio Piccini: “L’onda”, 2015.

L’Onda di Piccini è un’onda fantastica, di quelle che i surfisti siciliani sognano la notte, o a Ferragosto sul mare immobile e pigro, quando incredibili albe arrossano il Tirreno giocando con le gobbe e le curve delle Isole Eolie, perle di questo mare. Alla Stazione di Messina il pittore scuote il giorno del viaggiatore con un’immagine carica di energia naturale, di voglia di cambiare e scuotere il ritmo meccanico della metropoli con i riferimenti archetipici e psicologici di un paesaggio pieno di forze silenziose struggenti.

Distrart_Nicolò Amato: “L’Attesa”, 2015.

Tre uomini sulla prua di una barca, forse una feluca, seduti, parlano tra loro. Al centro, un uomo con una camicia a quadri è l’unico dei tre a non offrire un qualche suggerimento sulla sua fisionomia, tuttavia è il personaggio più importante perché entrambi sono rivolti verso di lui. Forse l’argomento è il pesce spada, forse è il mare, calmo, che si apre di fronte a loro. Forse quell’uomo al centro è il capitano, un lupo di mare con l’occhio più fino che senza rispondere, parlando poco, sarà il primo a vedere la spada del pesce balenare sotto il pelo dell’acqua.

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