Alex Caminiti: Ducati, 2014.

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Testo Ridotto: 

L’opera appartiene alla serie Punti di Rottura realizzata in occasione della presentazione della nuova moto Monster 821 presso lo show room Ducati di Roma. Incontro tra arte e pubblicità, il quadro è una testimonianza dello stile veloce ed estemporaneo di Caminiti che ben si adatta alla realtà dinamiche e pop dell’arte d’oggi. 

Testo Medio: 

L’opera appartiene alla serie Punti di Rottura realizzata in occasione della presentazione della nuova moto Monster 821 presso lo show room Ducati di Roma. Incontro tra arte e pubblicità, il quadro è una testimonianza dello stile veloce ed estemporaneo di Caminiti che ben si adatta alla realtà dinamiche e pop dell’arte d’oggi. Segno e gesto, dripping, fondali neutri. Caminiti è un artista veloce la cui urgenza espressiva supera l’amore per il dettaglio.  Ducati sembra essere stata realizzata nei brevi secondi in cui una moto spicca il salto dai 0 a 100 chilometri orari. La forza dell’espressione supera la volontà di definire l’immagine che è tutta votata a questa furia, in bilico tra l’intuizione calzante e gesto non del tutto compiuto. Evidente il suo tributo a Emilio Vedova (Venezia, 1919 – Venezia, 2006) e all’Informale che tanta parte ebbe nella definitiva rottura degli schemi e dei confini dell’arte contemporanea. Azione, azione, azione, Ducati rientra in questa triplice istanza di Caminiti, dove ogni viene remora viene superata dal bisogno dell’espressione. “La linea torna ad essere segno, cioè azione, un’azione che ha per effetto di determinare un’agibilità dello spazio. E questa agibilità è direi, è una disponibilità di tipo scenico, è una disponibilità allo spazio del dramma. Il ritmo dell’azione si succede incalzante e gremisce su di sé, della sua caotica precipitante temporalità, il luogo scenico del suo passaggio.”[1]. Nella lettura di Calvesi il segno di Vedova è il teatro dell’azione, del dramma, della tensione emotiva. In Caminiti gli stessi elementi suonano di una minore ossessione nervosa, di una più furba, e ariosa, intensione creativa. Un’energia cinetica che ben si accosta con le moto di cui quest’opera costituisce la cornice e il corrispettivo pittorico. Naturalmente il tema, quello dei motori, conduce inevitabilmente al futurismo e alla sua meccanofilia dichiarata. Il manifesto stesso del Futurismo è un inno al motore: “Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.”[2].




[1] Maurizio Calvesi, Le due Avanguardie: Dal Futurismo alla Pop Art, Laterza, Bari, 2004, p. 260.

[2] Manifesto del Futurismo, par. 4.

 

Testo Esteso: 

L’opera appartiene alla serie Punti di Rottura realizzata in occasione della presentazione della nuova moto Monster 821 presso lo show room Ducati di Roma. Incontro tra arte e pubblicità, il quadro è una testimonianza dello stile veloce ed estemporaneo di Caminiti che ben si adatta alla realtà dinamiche e pop dell’arte d’oggi. Segno e gesto, dripping, fondali neutri. Caminiti è un artista veloce la cui urgenza espressiva supera l’amore per il dettaglio.  Ducati sembra essere stata realizzata nei brevi secondi in cui una moto spicca il salto dai 0 a 100 chilometri orari. La forza dell’espressione supera la volontà di definire l’immagine che è tutta votata a questa furia, in bilico tra l’intuizione calzante e gesto non del tutto compiuto. Evidente il suo tributo a Emilio Vedova (Venezia, 1919 – Venezia, 2006) e all’Informale che tanta parte ebbe nella definitiva rottura degli schemi e dei confini dell’arte contemporanea. Azione, azione, azione, Ducati rientra in questa triplice istanza di Caminiti, dove ogni viene remora viene superata dal bisogno dell’espressione. “La linea torna ad essere segno, cioè azione, un’azione che ha per effetto di determinare un’agibilità dello spazio. E questa agibilità è direi, è una disponibilità di tipo scenico, è una disponibilità allo spazio del dramma. Il ritmo dell’azione si succede incalzante e gremisce su di sé, della sua caotica precipitante temporalità, il luogo scenico del suo passaggio.”[1]. Nella lettura di Calvesi il segno di Vedova è il teatro dell’azione, del dramma, della tensione emotiva. In Caminiti gli stessi elementi suonano di una minore ossessione nervosa, di una più furba, e ariosa, intensione creativa. Un’energia cinetica che ben si accosta con le moto di cui quest’opera costituisce la cornice e il corrispettivo pittorico. Naturalmente il tema, quello dei motori, conduce inevitabilmente al futurismo e alla sua meccanofilia dichiarata. Il manifesto stesso del Futurismo è un inno al motore: “Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo... un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia.”[2]. E ancora, il “coraggio, l’audacia e la ribellione” al secondo punto del Manifesto, sono proprio i caratteri principali di quel mezzo simbolico che è la moto, mito dell’industria culturale occidentale, status symbol del benessere e delle libertà concesse nel recinto ben sorvegliato del panottico contemporaneo. Calvesi mette l’interventismo del Futurismo tra i maggiori contributi dell’informale di Vedova[3]. Interventismo che bisogna considerare nel senso più moderno del termine, vale a dire sia nel suo totale abbraccio alla realtà della vita, sia apertura di partecipazione, sia nella proposta di un’idea, nell’appoggio di una propaganda. Non a caso i futuristi furono geniali precursori della pubblicità. Istanze pienamente e spontaneamente raccolte da Caminiti che in questo è artista contemporaneo e moderno senza conflitto, abile produttore di situazioni e immagini atte a circolare e veicolare valori e disvalori della modernità: “Il secolo della motorizzazione ha imposto la velocità come un valore misurabile, i cui records segnano la storia del progresso delle macchine e degli uomini. Ma la velocità mentale non può essere misurata e non permette confronti o gare, né può disporre i propri risultati in una prospettiva storica. La velocità mentale vale per sé, per il piacere che provoca in chi è sensibile a questo piacere, non per l’utilità pratica che si possa ricavarne. Un ragionamento veloce non è necessariamente migliore d’un ragionamento ponderato; tutt’altro; ma comunica qualcosa di speciale che sta proprio nella sua sveltezza”[4].

 


[1] Maurizio Calvesi, Le due Avanguardie: Dal Futurismo alla Pop Art, Laterza, Bari, 2004, p. 260.

[2] Manifesto del Futurismo, par. 4.

[3] Calvesi, ibidem, p. 262.

[4] Italo Calvino, Lezioni Americane, Mondadori, Milano, 2002, p.52.

 

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