Piero Serboli: Venere feconda, 2004.

Artista: 
Testo Ridotto: 

L’opera appartiene al gruppo edito da Magika sul catalogo Alma Venus, debitamente corredato dagli ottimi interventi critici di Giampaolo Chillè, Fiorella Nicosia e Katia Giannetto. La pubblicazione ha il grande merito di registrare una delle più pregnanti operazioni di Serboli e di inserirle dentro il discorso più ampio e dettagliato della sua poetica.

Testo Medio: 

L’opera appartiene al gruppo edito da Magika sul catalogo Alma Venus, debitamente corredato dagli ottimi interventi critici di Giampaolo Chillè, Fiorella Nicosia e Katia Giannetto. La pubblicazione ha il grande merito di registrare una delle più pregnanti operazioni di Serboli e di inserirle dentro il discorso più ampio e dettagliato della sua poetica.La ricca serie di cui Venere Feconda fa parte, può essere assunta a paradigma dell’estetica di Serboli. In essa sono presenti sia i dati tecnici sia quelli teorici della sua produzione. L’uso dell’assemblaggio, una delle pratiche fondative dell’arte contemporanea del ‘900, la vivace tensione pittorica, sono i mezzi con cui Serboli lavora fin dagli anni ’80 fina dalla serie dei Paesaggi recuperati.  Ad aver avviato la pratica dell’assemblage era stato Picasso, con la celebre Natura morta con sedia impagliata del 1912. L’opera rappresenta gli elementi presenti in un bar, un quotidiano, una bottiglia, una fetta di limone etc., incollati direttamente su una sedia di cui ancora possono vedersi le trame della seduta, e la cordiera divenuta cornice.  L’operazione ha una doppia valenza: pittoricamente ribalta il concetto di quadro che da verticale diviene ora orizzontale, e teoricamente apre la strada all’ironia elemento centrale delle operazioni concettuali di Duchamp (Fontana 1917). Sono elementi entrambi centrali nella produzione di Serboli, tuttavia non bisogna considerarli con leggerezza, o inquadrarli solo come espressione di una tensione ludica. “<<L’ironismo di affermazione>> non è, dunque, <<l’ironismo negatore che dipende solo dal ridere>> (SV, 35): è usato invece da Duchamp come mordente, una tecnica per corrodere, e con ciò ridurre la serietà che riteneva troppo presente nell’arte del suo tempo”[1]. Anche Serboli rifiuta la serietà, o meglio la seriosità del fare artistico, optando per un linguaggio giocoso, fatto di elementi del quotidiano, come le uova da découpage usate in Venus Feconda, riuscendo a creare immagini fresche e brillanti dotate però di un grande potere evocativo.

 


[1] Carla Subrizi, Introduzione a Duchamp, Laterza, Bari 2008, p.17.

 

Testo Esteso: 

L’opera appartiene al gruppo edito da Magika sul catalogo Alma Venus, debitamente corredato dagli ottimi interventi critici di Giampaolo Chillè, Fiorella Nicosia e Katia Giannetto. La pubblicazione ha il grande merito di registrare una delle più pregnanti operazioni di Serboli e di inserirle dentro il discorso più ampio e dettagliato della sua poetica.La ricca serie di cui Venere Feconda fa parte, può essere assunta a paradigma dell’estetica di Serboli. In essa sono presenti sia i dati tecnici sia quelli teorici della sua produzione. L’uso dell’assemblaggio, una delle pratiche fondative dell’arte contemporanea del ‘900, la vivace tensione pittorica, sono i mezzi con cui Serboli lavora fin dagli anni ’80 fina dalla serie dei Paesaggi recuperati.  Ad aver avviato la pratica dell’assemblage era stato Picasso, con la celebre Natura morta con sedia impagliata del 1912. L’opera rappresenta gli elementi presenti in un bar, un quotidiano, una bottiglia, una fetta di limone etc., incollati direttamente su una sedia di cui ancora possono vedersi le trame della seduta, e la cordiera divenuta cornice.  L’operazione ha una doppia valenza: pittoricamente ribalta il concetto di quadro che da verticale diviene ora orizzontale, e teoricamente apre la strada all’ironia elemento centrale delle operazioni concettuali di Duchamp (Fontana 1917). Sono elementi entrambi centrali nella produzione di Serboli, tuttavia non bisogna considerarli con leggerezza, o inquadrarli solo come espressione di una tensione ludica. “<<L’ironismo di affermazione>> non è, dunque, <<l’ironismo negatore che dipende solo dal ridere>> (SV, 35): è usato invece da Duchamp come mordente, una tecnica per corrodere, e con ciò ridurre la serietà che riteneva troppo presente nell’arte del suo tempo”[1]. Anche Serboli rifiuta la serietà, o meglio la seriosità del fare artistico, optando per un linguaggio giocoso, fatto di elementi del quotidiano, come le uova da découpage usate in Venus Feconda, riuscendo a creare immagini fresche e brillanti dotate però di un grande potere evocativo.  In Venere a Ore (2003), l’invenzione arriva a essere anche crudele nell’ombelico-gettone che precipita verso la vagina chiusa dalla zip, oppure in Alma venus infibulata (2002) dove un taglio allusivo al centro della tela è chiuso da una serie di spille da balia. Nei particolari scelti da Serboli si legge una profonda riflessione sui temi affrontati, sia dal punta di vista artistico che più largamente umano. In questo senso bisogna leggere anche la centralità del triangolo, simbolo della femminilità, forma per eccellenza del divino e dell’energia naturale, struttura stessa di molti capolavori dell’arte. Tutti questi valori sono in Serboli totalmente assorbiti nella libertà e nella vivacità delle sue realizzazioni. Tra quotidianità e opera d’arte, esse seguono il grande magma liquido dell’arte contemporanea così profeticamente annunciato da Duchamp: “<<Si possono fare opere che non siano arte?>>: con questo appunto del 1913, inserito all’inizio della Scatola Bianca, (una delle tre scatole che raccolgono le sue note manoscritte N.d.R.), Duchamp delinea la sua idea dell’arte e del fare artistico. Le <<opere-non-d’arte>> erano il vivere artisticamente, assimilando il processo creativo all’esperienza del quotidiano.”[2].  Aderendo perfettamente a questi assunti, Serboli racconta con intelligenza e freschezza i grandi mutamenti culturali di un’epoca che ha portato la produzione e la fruizione delle immagini al centro dell’esistenza di miliardi di esseri umani.

 

[1] Carla Subrizi, Introduzione a Duchamp, Laterza, Bari 2008, p.17.

[2] Ibidem, p. 3. 

 

Galleria Immagini: 

Alma Venus

  • Piero Serboli: Venere feconda, 2004, olio e tecnica mista, 150 x 52 cm.
  • Piero Serboli: Venere a ora, 2003, olio e tecnica mista, 150 x 51 cm.
  • Piero Serboli: Alma venus infibulata, 2002, olio e tecnica mista, 150 x 36/55 cm.
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Magika
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