Lucio Piccolo

La storia familiare di Lucio Piccolo si connette all'epopea di quella ricca nobiltà siciliana destinata, con l'avvento delle grandi trasformazioni socio-economiche primonovecentesche, a mutare il proprio status e il proprio ruolo. In questo contesto va inquadrato, tra il '32 e il '33, il ritorno di Lucio, con la madre e i fratelli Agata Giovanna e Casimiro, nella villa di campagna a Capo d'Orlando (l'attuale casa-museo di Villa Piccolo), dopo la morte del padre e dopo aver lasciato Palermo, dove i baroni Piccolo di Calanovella, storicamente radicati nel territorio di Naso, Ficarra, Capo d'Orlando, avevano vissuto per tutto il secolo precedente. Nella grande biblioteca di famiglia il poeta porta a compimento una lunghissima ed estremamente erudita formazione, nutrita anche dal confronto con il cugino Giuseppe Tomasi di Lampedusa, con il quale, sin da giovanissimo, instaura un sodalizio culturale che durerà tutta la vita. Egli ha ormai 53 anni quando pubblica, a proprie spese, le prime poesie, 9 liriche, inviandole ad Eugenio Montale, il quale, colpito dalla perfezione stilistica e dalla musicalità dei versi, presenta Piccolo al prestigioso convegno letterario di San Pellegrino Terme (1954). Consacrato dall'attenzione dei letterati e dei critici, il poeta barone diviene in poco tempo un vero e proprio caso, e, nel 1956, pubblica con Mondadori i versi della sua raccolta più celebre, Canti Barocchi, cui seguono Gioco a Nascondere (1960), Plumelia (1966), Le Esequie della Luna (1968).