Gli anni al contrario

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Gli anni al contrario
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Gli anni al contrario, uscito per Einaudi a gennaio 2015, racconta la storia d’amore tra Aurora e Giovanni, due giovani universitari messinesi che s’incontrano alla fine degli anni Settanta ma, quando vanno a vivere insieme, non riescono a reggere la fatica della quotidianità, la frustrazione delle ambizioni e persino il tradimento della Storia, che finisce per travolgerli con tutto il mondo da essi fantasticato. Roberto Saviano lo ha definito «un racconto senza fondo, che stringe la schizofrenica storia italiana al pulsare dei sentimenti». 

Testo Medio: 

Gli anni al contrario, uscito per Einaudi a gennaio 2015, racconta la storia d’amore tra Aurora e Giovanni, due giovani universitari messinesi che s’incontrano alla fine degli anni Settanta ma, quando vanno a vivere insieme, non riescono a reggere la fatica della quotidianità, la frustrazione delle ambizioni e persino il tradimento della Storia, che finisce per travolgerli con tutto il mondo da essi fantasticato. La città in cui il romanzo è ambientato è Messina, luogo d’origine di Nadia Terranova, che sullo sfondo della sua Sicilia tratteggia il profilo contradditorio di due anime apparentemente agli antipodi, destinate ad incrociare le proprie sorti. Lei, Aurora, figlia del fascistissimo Silini, sin da piccola ha l’abitudine di rifugiarsi in bagno a studiare, per prendere tutti nove immaginando di emanciparsi dalla sua famiglia, che le sta stretta. Giovanni, invece, è sempre stato lo scavezzacollo dei Santatorre, ce l’ha con il padre avvocato e il suo «comunismo che odora di sconfitta», e vuole fare la rivoluzione. I due si conoscono all’università e, pochi mesi dopo, aspettano già una bambina: due ragazzi innamorati, che giocano a fare i grandi, senza mai riuscire a diventare adulti. Il loro legame, infatti, condizionato dalla paura del fallimento e segnato dall’incapacità di sopravvivere all’utopia di un mondo da salvare, li condanna all’impossibilità di salvare se stessi. Intanto, il passaggio della storia si inceppa sulla data cruciale del 1977, emblema di quegli “anni al contrario” evocati nel titolo, e forse simili, per certi aspetti, a quelli di oggi. «È una storia che pone le sue radici in una Italia di battaglie inconcludenti, vittorie e sconfitte che dalla politica e dalla società si ripercuotono sui corpi delle persone», ha scritto Roberto Saviano. «Un racconto senza fondo, che stringe la schizofrenica storia italiana al pulsare dei sentimenti. Un racconto che mi ha legato a sé».

Testo Esteso: 

Gli anni al contrario, uscito per Einaudi a gennaio 2015, racconta la storia d’amore tra Aurora e Giovanni, due giovani universitari messinesi che s’incontrano alla fine degli anni Settanta ma, quando vanno a vivere insieme, non riescono a reggere la fatica della quotidianità, la frustrazione delle ambizioni e persino il tradimento della Storia, che finisce per travolgerli con tutto il mondo da essi fantasticato. La città in cui il romanzo è ambientato è Messina, luogo d’origine di Nadia Terranova, che sullo sfondo della sua Sicilia tratteggia il profilo contradditorio di due anime apparentemente agli antipodi, destinate ad incrociare le proprie sorti. Lei, Aurora, figlia del fascistissimo Silini, sin da piccola ha l’abitudine di rifugiarsi in bagno a studiare, per prendere tutti nove immaginando di emanciparsi dalla sua famiglia, che le sta stretta. Giovanni, invece, è sempre stato lo scavezzacollo dei Santatorre, ce l’ha con il padre avvocato e il suo «comunismo che odora di sconfitta», e vuole fare la rivoluzione. I due si conoscono all’università e, pochi mesi dopo, aspettano già una bambina: due ragazzi innamorati, che giocano a fare i grandi, senza mai riuscire a diventare adulti. Il loro legame, infatti, condizionato dalla paura del fallimento e segnato dall’incapacità di sopravvivere all’utopia di un mondo da salvare, li condanna all’impossibilità di salvare se stessi. Intanto, il passaggio della storia si inceppa sulla data cruciale del 1977, emblema di quegli “anni al contrario” evocati nel titolo, e forse simili, per certi aspetti, a quelli di oggi. «È una storia che pone le sue radici in una Italia di battaglie inconcludenti, vittorie e sconfitte che dalla politica e dalla società si ripercuotono sui corpi delle persone», ha scritto Roberto Saviano. «Un racconto senza fondo, che stringe la schizofrenica storia italiana al pulsare dei sentimenti. Un racconto che mi ha legato a sé». Sebbene i fatti di cronaca rimangano sullo sfondo, il legame narrativo tra la storia d’amore di Aurora e Giovanni e le pagine difficili della storia contemporanea appare come la chiave privilegiata per riflettere non solo su un’epoca, ma ancora di più, sul destino di un’intera generazione, osservata da una città che «non è Milano, né Roma, né Bologna», nella Sicilia in cui «l’onda lunga della protesta che infiamma le fabbriche, le piazze e le università, non arriva che con un ridicolo sfrigolio di schiuma»:

In un documentario sulla contestazione giovanile realizzato dalla Rai nel 1968 si vede un giovane Mauro Rostagno condensare in una frase quella che allora era la volontà di un’intera generazione: “Noi non vogliamo trovare un posto in questa società, ma creare una società in cui valga la pena trovare un posto”. Si può partire da qui per raccontare il romanzo di Nadia Terranova. […] Ciò che tenta di fare Giovanni è quel che reclamava Rostagno: creare una società in cui valga la pena trovare un posto. Ma per lui, più che per tutti gli altri, questa società vagheggiata non vedrà mai la luce, e nonostante l’amore di Aurora, con cui metterà al mondo una bambina di nome Mara, a Giovanni quel posto verrà sempre negato, finché il suo impulso alla rivolta virerà tragicamente verso l’eroina e ne causerà il lento e inesorabile disfacimento fisico e familiare. Questo eroe “senza naturalezza e senza identità”, per dirla con Robbe-Grillet, ha la capacità di imporsi come l’emblema della tragedia di una generazione sconfitta che “non aveva possibilità né voglia di mediazione con la società politica e con le generazioni che la precedono” (Rossana Rossanda), ma neanche – mi viene da dire – con le generazioni che l’hanno seguita. Gli anni al contrario diventa così un intenso grido nel vuoto della rimozione, affronta l’epica degli anni Settanta non dal punto di vista delle vittime del terrorismo né da quello dei rivoluzionari che attaccavano “il cuore dello Stato” (la via più facile), ma da una prospettiva del tutto originale che risulta terribilmente efficace per comprendere l’avventuroso afflato di rivolta che mosse un’intera gioventù: la prospettiva di chi – ed è una cosa che riguarda la maggior parte dei giovani di allora – per ragioni geografiche o semplicemente per sorte, si è trovato fuori dalla mischia, come reietti che osservavano dalla strada le luci di una festa a cui non erano stati invitati. (Andrea Pomella, “Gli anni al contrario” di Nadia Terranova: i grandi non sono che bambini sopravvissuti, Ilfattoquotidiano.it, 13 gennaio 2015)

 
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