Patri 'i famigghia

Title: 
Patri 'i famigghia
Testo Ridotto: 

Patri ’i famigghia di Dario Tomasello, coproduzione del Teatro di Messina e della compagnia Il Castello di Sancio Panza, si avvale della regia di Roberto Bonaventura e di un cast che annovera Angelo Campolo, Annibale Pavone e Adele Tirante; aiuto regista è Marilisa Busà, decorazione di scena a cura di Riccardo De Leo. Scritta in dialetto messinese, la pièce è una riflessione amara, con spunti di graffiante comicità, sul senso di desolazione e di sradicamento vissuto da una generazione che non riesce ad assumersi la responsabilità più delicata, quella della cura paterna dei propri cari. 

Testo Medio: 

Patri ’i famigghia di Dario Tomasello, coproduzione del Teatro di Messina e della compagnia Il Castello di Sancio Panza, si avvale della regia di Roberto Bonaventura e di un cast che annovera Angelo Campolo, Annibale Pavone e Adele Tirante; aiuto regista è Marilisa Busà, decorazione di scena a cura di Riccardo De Leo. Scritta in dialetto messinese, la pièce è una riflessione amara, con spunti di graffiante comicità, sul senso di desolazione e di sradicamento vissuto da una generazione che non riesce ad assumersi la responsabilità più delicata, quella della cura paterna dei propri cari. A dominare la scena è una cassapanca di legno, simbolo dell’infanzia dei tre cugini Rino, Angelica e Nando, che, alla morte del padre di quest’ultimo, si ritrovano ad affrontare un’astiosa contesa sulla “roba” di verghiana memoria. Molti i fili tematici che si dipanano, dal peso dei ricordi alla difficoltà di diventare adulti, in una sorta di viaggio di formazione che, per i protagonisti, procede a ritroso, lungo le tappe necessarie di uno scavo, faticoso e divertito, dentro memorie condivise e ambiguamente sospese tra inevitabili crudeltà e infinita dolcezza. Il principale nucleo drammaturgico rimane, tuttavia, il disfacimento della famiglia, secondo una linea privilegiata sulla scena meridionale contemporanea, da Eduardo a Scimone. Lo spettacolo, presentato al festival sui nuovi linguaggi della scena contemporanea "Primavera dei Teatri", ha debuttato a Messina nell’ambito del cartellone “La casa degli Artisti”, allestito presso la Sala Laudamo, il “ridotto” del Teatro Vittorio Emanuele, nella stagione 2010/2011, sotto la direzione artistica di Maurizio Marchetti.

Testo Esteso: 
Patri ’i famigghia di Dario Tomasello, coproduzione del Teatro di Messina e della compagnia Il Castello di Sancio Panza, si avvale della regia di Roberto Bonaventura e di un cast che annovera Angelo Campolo, Annibale Pavone e Adele Tirante; aiuto regista è Marilisa Busà, decorazione di scena a cura di Riccardo De Leo. Scritta in dialetto messinese, la pièce è una riflessione amara, con spunti di graffiante comicità, sul senso di desolazione e di sradicamento vissuto da una generazione che non riesce ad assumersi la responsabilità più delicata, quella della cura paterna dei propri cari: «L’età adulta si è compiuta senza costrutto, senza ipotesi di salvezza», scrive l’autore. «Non resta che rifugiarsi nel passato, le cui ombre fanno meno paura dell’evidenza brutale della realtà odierna». A dominare la scena è una cassapanca di legno, simbolo dell’infanzia dei tre cugini Rino, Angelica e Nando, che, alla morte del padre di quest’ultimo, si ritrovano ad affrontare un’astiosa contesa sulla “roba” di verghiana memoria. Molti i fili tematici che si dipanano, dal peso dei ricordi alla difficoltà di diventare adulti, in una sorta di viaggio di formazione che, per i protagonisti, procede a ritroso, lungo le tappe necessarie di uno scavo, faticoso e divertito, dentro memorie condivise e ambiguamente sospese tra inevitabili crudeltà e infinita dolcezza. Il principale nucleo drammaturgico rimane, tuttavia, il disfacimento della famiglia, secondo una linea privilegiata sulla scena meridionale contemporanea, da Eduardo a Scimone, messa in rilievo dal lavoro registico che, come dichiara Roberto Bonaventura, parte «dall’assenza del padre, del capo della famiglia, di colui che tiene tutto e tutti uniti». 
Nelle note di regia si legge ancora:
Ci siamo scontrati con una forte sensazione di smarrimento, con l’impossibilità di avere una direzione, con la percezione di essere adulti che non riescono a smettere di essere figli. Queste dinamiche hanno dato vita ad un gioco che rende i tre personaggi grottesche caricature di adulti malriusciti, in un girotondo talvolta patetico, talaltra lento e spietato, in cui inesorabile scorre il tempo. I figli sono allora costretti a guardare la loro vita fatta di scelte sbagliate, di atavici conflitti per un pezzo di terra, di esistenze che si trascinano senza coraggio. Triste e innaturale è dunque quell’immaturità che avvertiamo quando occorrerebbe divenire un po’ più saggi. Avvilente e mortificante è quella sensazione di sicurezza perduta per sempre in nome di falsi ideali. L’alone di insondabili certezze, che avvolge chi davvero ha compiuto un cammino da padre, finisce con lo schiacciare i tre figli, caricature che danzano sul palco pezzi di umanità povera e cieca.
 Chistu è u nostru problema! Non avemu patri, non semu patri! Sulu figghi sapemu esseri.
 Proponiamo tutto questo in un tono di commedia, che, a tratti e volutamente, diviene surreale.
 Siamo partiti dalla nostra tradizione dialettale e l’abbiamo contaminata e sporcata con elementi teatrali diversi, quasi a sottolineare la mancanza di coerenza, l’indecisione, la mancanza di reali e convincenti punti di vista, l’impossibilità di una generazione di essere all’altezza dei Padri.
 
Lo spettacolo, presentato al festival sui nuovi linguaggi della scena contemporanea "Primavera dei Teatri", ha debuttato a Messina nell’ambito del cartellone “La casa degli Artisti”, allestito presso la Sala Laudamo, il “ridotto” del Teatro Vittorio Emanuele, nella stagione 2010/2011, sotto la direzione artistica di Maurizio Marchetti.
 
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