La Balza futurista

Title: 
La Balza futurista
Testo Ridotto: 

Fondata da Guglielmo Jannelli, Luciano Nicastro e Vann’Antò (al secolo Giovanni Antonio Di Giacomo), «La Balza Futurista» esce in tre numeri, il 10 e il 27 aprile e il 12 maggio 1915. È una rivista che accoglie la carica rivoluzionaria propria del giornalismo militante in un momento di assoluto vuoto editoriale per ciò che concerne la pubblicazione di fogli futuristi e che è destinata a rappresentare l’organo ufficiale del movimento pur derogando, attraverso consapevoli trasgressioni, dall’ortodossia marinettiana, conservando una specificità attinente al complesso e originale fenomeno storico-letterario dell’avanguardia siciliana, e messinese in particolare.

Testo Medio: 

La connotazione plurale delle spinte che hanno, anche contraddittoriamente, contribuito alla definizione del movimento futurista, include l’intenso fermento che anima ad inizio secolo gli intellettuali isolani, che di quel movimento non solo accolgono le più innovative formulazioni espressive ma, in qualche caso, se ne fanno promotori con assoluto anticipo sul territorio nazionale, contaminando, in un fecondo rapporto dialettico, l’adesione al progetto parolibero di marca marinettiana e la singolarità della propria originale vena.  È in questo clima di acceso sperimentalismo che Guglielmo Jannelli, Luciano Nicastro e Vann’Antò (al secolo Giovanni Antonio Di Giacomo) fondano «La Balza Futurista», uscita in tre numeri il 10 e il 27 aprile e il 12 maggio 1915. È una rivista che accoglie la carica rivoluzionaria propria del giornalismo militante in un momento di assoluto vuoto editoriale per ciò che concerne la pubblicazione di fogli futuristi e che è destinata a rappresentare l’organo ufficiale del movimento pur derogando, attraverso consapevoli trasgressioni, dall’ortodossia futurista e persino dalla logica vincolante delle parole in libertà, conservando così una specificità attinente al complesso e originale fenomeno storico-letterario dell’avanguardia siciliana, e messinese in particolare, con le proprie e differenti attitudini. L’idea della rivista è di Jannelli, che, spentosi il fervore degli altri siciliani - De Maria, Cardile, Manzella-Frontini -, diviene il rappresentante ufficiale dei futuristi nell’isola, affiancando Marinetti nell’intensa campagna interventista organizzata a ridosso dell’intervento bellico e promuovendo sui quotidiani messinesi, con Giuseppe Rino e Luciano Nicastro, una decisa azione di propaganda volta a diffondere le idee dei futuristi e a sostenerne l’azione, in attesa di un organo di stampa del movimento. Per evitare lungaggini burocratiche, Jannelli rileva la testata di un quindicinale ragusano fondato e diretto da Vann’Antò e Nicastro, cooptandoli alla direzione del nuovo periodico ed ereditandone il titolo: «La Balza», con l’aggiunta di 'Futurista' dal secondo numero, dietro indicazione di Marinetti. 

Testo Esteso: 

La connotazione plurale delle spinte che hanno, anche contraddittoriamente, contribuito alla definizione del movimento futurista, include l’intenso fermento che anima ad inizio secolo gli intellettuali isolani, che di quel movimento non solo accolgono le più innovative formulazioni espressive ma, in qualche caso, se ne fanno promotori con assoluto anticipo sul territorio nazionale, contaminando, in un fecondo rapporto dialettico, l’adesione al progetto parolibero di marca marinettiana e la singolarità della propria originale vena.  È in questo clima di acceso sperimentalismo che Guglielmo Jannelli, Luciano Nicastro e Vann’Antò (al secolo Giovanni Antonio Di Giacomo) fondano «La Balza Futurista», uscita in tre numeri il 10 e il 27 aprile e il 12 maggio 1915. È una rivista che accoglie la carica rivoluzionaria propria del giornalismo militante in un momento di assoluto vuoto editoriale per ciò che concerne la pubblicazione di fogli futuristi e che è destinata a rappresentare l’organo ufficiale del movimento pur derogando, attraverso consapevoli trasgressioni, dall’ortodossia futurista e persino dalla logica vincolante delle parole in libertà, conservando così una specificità attinente al complesso e originale fenomeno storico-letterario dell’avanguardia siciliana, e messinese in particolare, con le proprie e differenti attitudini. L’idea della rivista è di Jannelli, che, spentosi il fervore degli altri siciliani - De Maria, Cardile, Manzella-Frontini -, diviene il rappresentante ufficiale dei futuristi nell’isola, affiancando Marinetti nell’intensa campagna interventista organizzata a ridosso dell’intervento bellico e promuovendo sui quotidiani messinesi, con Giuseppe Rino e Luciano Nicastro, una decisa azione di propaganda volta a diffondere le idee dei futuristi e a sostenerne l’azione, in attesa di un organo di stampa del movimento. Per evitare lungaggini burocratiche, Jannelli rileva la testata di un quindicinale ragusano fondato e diretto da Vann’Antò e Nicastro, cooptandoli alla direzione del nuovo periodico ed ereditandone il titolo: «La Balza», con l’aggiunta di 'Futurista' dal secondo numero, dietro indicazione di Marinetti. Il nome della testata conteneva un riferimento all’aspra configurazione territoriale della città in cui nasceva, Ragusa, caricandosi di significazioni metaforiche, legate al concetto di baldanza, lotta, ardimento cari ai futuristi, nel passaggio da foglio locale a rivista di avanguardia siciliana, eletta a rappresentare l’organo ufficiale del movimento da Marinetti e dal suo gruppo milanese, dal quale giungevano aiuti concreti ma anche direttive, consigli e, non di rado, rilievi. La nuova avventura editoriale consente a Jannelli e ai due giovani ragusani, che accogliendo la distinzione lacerbiana tra marinettismo e futurismo si collocano in atteggiamento ambivalente rispetto al movimento, di coniugare avanguardia letteraria e impegno civile, nella forma di un giornalismo militante posto alla causa del futurismo. Le aspettative e gli entusiasmi riposti nella «Balza» sono testimoniati dalla presenza di Balla, Boccioni, Buzzi, Cangiullo, Carrà, Correnti, Depero, Folgore, Govoni, Mazza, Pratella, Prampolini, ovvero dei più qualificati esponenti futuristi rimasti fedeli a Marinetti. La rivista chiude i battenti a ridosso dell’entrata in guerra, nella quale vengono chiamati prima Jannelli e poi Vann’Antò, che si arruola come volontario. Ma la sua sorte era comunque stata segnata da una disposizione della Zona militare di Messina che subito dopo l’inizio dell’evento bellico ordina la soppressione di tutti i periodici. La stagione della rivista, nonostante alcuni tentativi dei suoi fondatori di continuarne le pubblicazioni, si concludeva così con la parabola dei tre numeri che, nel solco di pochi mesi, riuscirono a convogliare le energie dei futuristi della prima ora e di quelli che, assumendo gradualmente posizioni più indipendenti, si allontanarono dal movimento. Imprescindibile rimane il suo ruolo come rassegna delle sperimentazioni letterarie e delle proposte programmatiche, nel complesso mosaico delle spinte contraddittorie che animavano la società dei letterati italiani alle soglie della guerra e nella specificità di una vicenda avanguardistica che trova in Sicilia una feconda e dialettica polifonia di originali, e talvolta non allineati, contributi.       

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