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PREMESSA

Il nostro obiettivo è quello di condurre il visitatore alla scoperta delle diverse espressioni dell’arte contemporanea Messinese. Infatti, questo portale web permette al visitatore di accedere ad informazioni, immagini video ed audio, riguardanti l’offerta turistico-culturale sull’arte contemporanea della città. Inoltre, esso ambisce a divenire un incubatore d'arte contemporanea, per mezzo del quale sarà possibile associare ad ogni luogo, identificato da un grande valore nel campo storico, artistico e culturale, una particolare enfasi, rendendolo unico e carico di pathos. Cosa aspetti? Buona navigazione alla scoperta dell' arte contemporanea Messinese!


CONTENUTI IN EVIDENZA

Il Forte S.Giorgio faceva parte del circuito fortificato della città realizzato come ampliamento della cinta normanna e comprendeva al suo interno il Piano di Terranova. Il bastione detto Forte S.Giorgio fu parzialmente demolito per essere inglobato nelle fortificazioni della Cittadella, volute dal governo spagnolo dopo la rivaolta del 1674-78.

Commissionato ad Antonello da Messina nel 1473 per la chiesa di San Gregorio, il polittico è oggi conservato al Museo Regionale di Messina. Le cinque tavole superstiti, in cattivo stato di conservazione a causa di un improvvido restauro e del catastrofico sisma del 1908 che lo danneggiò gravemente, mostrano i modi dell’Antonello aggiornato alle novità prospettiche del Rinascimento italiano cui l’artista messinese aggiunge la visione lenticolare, di origine fiamminga, che ebbe modo di apprende durante il suo apprendistato napoletano presso il maestro Colantonio.

La consuetudine con Messina, ci consente di individuare nel “Paesaggio” di Giovanni Bonini un’ambientazione peloritana, sia pure indistinta se consideriamo la scarsa attenzione del pittore per il dato oggettivo e la veridicità topografica. Potrebbe trattarsi di una veduta dei laghi di Ganzirri dai monti Peloritani o, più probabilmente, una ripresa della falce del porto dalle alture che sovrastano la città. Protagonisti della scena, più del reticolo urbano, dei caseggiati e delle montagne, sono gli alberi in primo piano che si ergono irregolari fino a occupare tutto il margine superiore del dipinto. A segnare la particolare atmosfera di un pomeriggio autunnale intervengono le corpose pennellate giustapposte, studiate per conferire lievi trapassi cromatici alle ombre e dare vigore alle forti luci del cielo. La composizione è per lo più accademica per via del sapiente bilanciamento delle masse cromatiche e per il rapporto dosato fra la verticalità degli alberi e la stratificazione orizzontale della campagna, del mare, della lingua di terra, delle montagne calabresi, fino al cielo luminoso che d’improvviso si interrompe per l’irruenza delle chiome alberate. La narrazione è tuttavia intimistica e raccolta, non certo eroica e titanica; piuttosto venata da una sottile malinconia e da un impeto tutto mediterraneo che dà ragione del giudizio personale che Daniele Schmiedt riservò al pittore solitario e valoroso. L’interesse per i luoghi dello Stretto rappresenta in effetti la cifra dominante che accomuna molti artisti attivi nel primo ventennio del XX secolo a Messina, soprattutto di quelli che graviteranno nell’entourage del “Fondaco”. Il quadro di Bonini mostra ad esempio sorprendenti affinità tipologiche (oltre che topografiche) con una tela dell’amico Schmiedt dello stesso anno intitolata “Tramonto sullo Stretto”. Si potrebbe immaginare che, idealmente, le due opere siano frutto della medesima gita sui colli peloritani e della stessa seduta di pittura en plein air. Alle soglie della grande guerra e conclamata la pittura futurista, nel nostro quadro si ravvisano i tratti distintivi di un richiamo all’ordine e il rifiuto degli sperimentalismi che pure in quel periodo si affermavano nella pittura europea. Come è stato notato da Lucio Barbera, la poetica di Bonini può essere messa in relazione con l’opera di Soffici e Rosai. Si evidenziano, infatti, certe tensioni verso una sintesi di reale e spirituale, in definitiva emerge quel concetto di “materia spiritualizzata”, di “realismo sintetico” che ha pervaso tanta pittura nel primo ventennio del Novecento. Considerati i paesaggi urbani del 1956, esposti alla Mostra La vetrina dell’OSPE. Artisti a Messina negli anni ’50 tenuta al Teatro Vittorio Emanuele nel 1997 (che ricordano con immediatezza certi quartieri popolari di Messina), questo dipinto si colloca fra le opere meno recenti di Bonini presenti nel territorio messinese.Per una analisi del dipinto vedi L. Giacobbe (a cura di), Opere d’arte della Camera di Commercio di Messina. Ottocento e primo Novecento, Presentazione di Antonino Messina. Saggi di Sergio Bertolami e Gioacchino Barbera. Catalogo di Luigi Giacobbe, Messina, Magika Edizioni, 2011, pp. 108-113.

L’opera, andata distrutta a causa delle bombe alleate del 1943, decorava la controfacciata della cattedrale di Messina. Il mosaico rappresentava nella parte superiore la Trinità in mandorla tra gli angeli, con i sei santi patrono della città di Messina: Placido, Eleuterio, Bacchilo, Eustochia, Anzia e Flavia. Nella parte inferiore della parete, a sinistra: l’arcivescovo Paino benedice la nuova Messina ricostruita, mentre a destra vengono rappresentate le vittime e la città distrutta dal sisma del 1908.

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